Skip to content

Dettagli tecnici applicativi osservazioni e modifiche mappe

Tutti i requisiti elencati sotto sono lo sviluppo in dettaglio di quanto riportato all’allegato 2 e all’allegato 3 della disciplina del PAI dissesti.

Requisiti tecnici minimi richiesti
Banche dati e formato digitale

Dovranno essere prodotte 2 banche dati geografiche, una banca dati geomorfologica e una banca dati della pericolosità ad essa associata, strutturate a partire da elementi vettoriali poligonali .

La banca dati geomorfologica e la banca dati della pericolosità devono avere una struttura e degli attributi coerenti con l’allegato 3 della disciplina di Piano, secondo specifiche che sono valide anche per i PAI vigenti.

Sono disponibili due modelli di partenza estratti dalle banche dati adottate: per la geomorfologia e per la pericolosità, completi di legenda per Qgis.

Nel caso ci siano elementi lineari e puntuali che concorrono alla definizione del quadro conoscitivo, la componente geomorfologica può essere descritta anche da ulteriori banche dati vettoriali a corredo, per queste, non essendo ereditate nelle banche dati PAI, pur non essendo richiesta una struttura specifica è comunque opportuno che gli attributi siano in forma esplicita e “parlante”.

Per i dati geografici vettoriali (geometria e attributi) il formato aperto di riferimento è lo shapefile (raccomandato) o altro formato vettoriale GIS previsto dalla direttiva INSPIRE. Non sono ammessi altri formati come il CAD (formato ottimizzato per la rappresentazione cartografica e non per l’archiviazione di dati geografici).

L’allestimento a stampa della banca dati geografica non è obbligatoria, ma può essere richiesto per agevolare le verifiche di campagna.

Nel caso siano trasmesse rappresentazioni cartografiche queste devono essere in PDF e la base cartografica deve essere la Carta Tecnica Regionale (CTR) regionale in formato raster TIFF distribuito dai servizi regionali, requisito a garanzia della leggibilità.

Scala, base cartografica e sistema di riferimento

Le banche dati dovranno essere coerenti con la cartografia tecnica regionale ufficiale disponibile nei servizi cartografici regionali che dovrà essere opportunamente indicata. La scala minima di rappresentazione non può essere inferiore a 1:10.000, la scala di rilevamento/tracciamento deve essere tale da garantire la corretta rappresentazione alla scala 1:10.000, generalmente non inferiore alla scala 1:5000, è raccomandata la scala 1:2500.

Sono ammessi i sistemi di riferimento cartesiani (Projected CRS) in uso per la zona tirrenica d’Italia, ovvero Monte Mario Italy 1 (EPSG 3003), ETRS89 / UTM zone 32N (EPSG 25832), RDN 2008 UTM 32N (EPSG: 6707) e WGS84 / UTM zone 32N (EPSG 32632).

Regole topologiche

I poligoni dovranno rispettare regole topologiche di base, non sono ammesse sovrapposizioni per le aree a pericolosità e in generale non sono ammessi micropoligoni frutto di procedimenti di geoproccessing. La richiesta di una sola banca dati per classe di oggetto concorre ad una corretta gestione della topologia. Si ricorda che il rispetto di minime regole topologiche è paragonabile al rispetto delle regole ortografiche in un testo.

Metadato e Nota Tecnica

Nel caso vi siano variazioni rispetto alle specifiche dei punti precedenti le banche dati dovranno essere documentate esplicitando in particolare il significato degli attributi geomorfologici.

In una apposita nota tecnica deve essere esplicitata la metodologia applicata (vedi oltre) per la redazione della banca dati geomorfologica e della banca dati della pericolosità, metadato e altre specifiche testuali possono essere riportate in relazione.

Si segnala che il mancato rispetto di tali requisiti minimi è presupposto per la sospensione formale del procedimento.

 

Requisiti metodologici

Verifica preliminare di coerenza

Per gli enti e gli utenti professionali che sono chiamati a formulare osservazioni o proposte di modifica ed integrazione al PAI è opportuno che sia eseguita una verifica preliminare di coerenza delle banche dati PAI secondo il seguente schema. Lo schema tiene conto del processo di progressivo allineamento della banca dati della pericolosità alla banca dati geomorfologica, secondo i principi dell’art.17 della Disciplina di Piano, frutto dell’attività di costante aggiornamento del PAI.

 

Metodi Operativi

La definizione della tipologia, dell’estensione e dello stato di attività dei dissesti da frana e di natura geomorfologica è sviluppata secondo un processo integrato in ambiente GIS che utilizza più metodi, per tutti è sempre necessario un rilievo di campagna per la calibrazione.

Come regola generale, nel caso sia disponibile un rilievo LIDAR,  i limiti delle forme devono essere coerenti con la morfometria rilevabile dall’analisi tridimensionale del LIDAR. Per specifiche condizioni locali, nel caso siano disponibili, possono prevalere le eventuali evidenze provenienti da fonti conoscitive diverse.

I metodi principali si basano sull’analisi delle evidenze superficiali sul terreno e sui manufatti conseguenti a movimenti del terreno. In generale i riferimenti principali sono:

  • l’evidenza superficiale di macro e micro forme morfologiche proprie dei dissesti gravitativi;
  • il confronto multitemporale dell’evoluzione delle forme;
  • la patologia strutturale dei manufatti.

ATTENZIONE: I metodi utilizzati devono essere indicati nel campo FONTE della banca dati geomorfologica del PAI (in questa pagina sono riportati ulteriori dettagli frutto degli affinamenti che verrano recepiti negli allegati della disciplina in fase di adozione deifinitiva del PAI).

Nel dettaglio i metodi utilizzati e le relative voci del campo FONTE sono:

  • evidenze rilevate in campagna degli effetti del movimento del terreno. I rilievi di campagna sono ammissibili se corredati da documentazione fotografica e localizzazione del rilievo (nella sezione dedicata sono riportati i rilievi effettuati dall’Autorità di bacino). Il rilievo di campagna è il riferimento indispensabile per tarare i metodi che seguono. Nel campo FONTE vine indicato il codice ‘C‘ per la campagna eseguita nella fase di verifica dai tecnici dell’Autorità, ‘CP‘ se la campagna è eseguita dal proponente. Nel campo DATA_OSS vien indicata la data di rilievo in campagna. Prevale sempre la data del codice ‘C’. In specifici casi l’interpretazione di foto georiferite e datate di cui è noto l’autore sono considerate equivalenti ai rilievi di campagna se mostrano dettagli significativi;
  • evidenze da analisi stereoscopica o tridimensionale degli effetti del movimento del terreno (macro forme) rilevate da analisi piana di ortofoto multitemporali in abbinamento a dtm LIDAR (quando disponibile) o da analisi stereoscopica di fotoaeree. Nel campo FONTE si indica la combinazione ‘F+L‘ per l’uso combinato di ortofoto e LIDAR. L’analisi steroscopica è  segnalata nel campo NOTE utilizzando il codice ‘F‘ nel campo FONTE;
  • evidenze rilevate da analisi bidimesionale di ortofoto su riprese multitemporali degli effetti del movimento del terreno (macro forme) quando possibile a grande scala (voli con scala riferimento 1:2000, riprese Google Map, Bing e simili). Nel campo FONTE si indica la combinazione ‘F‘, le specifiche in nota possono indicare i voli più significativi;
  • movimenti manufatti registrati con tecniche tipo InSAR (Permanent Scatterers o assimilabili). Nel campo FONTE si indica il codice ‘R‘. In base a consolidata pratica operativa, in generale, è opportuno che per la definzione dello stato “attivo” il dato interferometrico sia supportato da evidenze rilevate sulla base di altri metodi indipedenti. Relativamente a tale tecnica di analisi, particolarmente utile come supporto alla definizione di estensione e stato di attività dei fenomeni analizzati, si può fare riferimento a quanto riportato nella apposita sezione di approfondimento.
  • misure strumentali geotecniche. Nel campo FONTE si indica il codice ‘S‘ specificando in note la sintesi dei dati disponibili e i riferimenti per recuperare i dati;
  • studi e rilievi di dettaglio (comprese relazioni geologiche con  verifiche di stabilità). Nel campo FONTE si indica il codice ‘S‘ specificando in note i riferimenti sintetici per recuperare gli studi (codici di interventi, numeri di protocollo). ‘M‘ può essere utilizzato se lo stato di attività è definito basandosi su modellazioni numeriche, solitamente il codice ‘S’ assorbe il codice ‘M’;
  • cartografia geomorfologica alla scala 1.10.000 o superiore e studi correlati (principalmente banche dati regionali e strumenti urbanistici comunali). Nel campo FONTE si indica il codice ‘P‘ se si tratta del quadro conoscitivo fornito dal proponente (tipicamente la carta geomorfologica del Piano Strutturale), ‘DBRT’/’DBRL’/’DBRU’ se riferito alla banca dati geomorfologica regionale, ‘PAI‘ se la banca dati di riferimento è lo stesso db geomrfologia del PAI, ‘D‘ per altre banche dati specificando in note la sintesi della banca dati utilizzate;
  • altre informazioni qualificate (sono ammesse se è disponibile un riferimento alla fonte originaria). Tipicamente nel campo FONTE si indica il codice ‘D‘ specificando in nota il dettaglio, è ammesso l’uso del codice ‘SV‘ per evidenze rilevate dai sistemi tipo StreetView di Google considerando che hanno informazioni precise su luogo e data di ripresa.

Definizione dello stato di attività delle aree in dissesto

Come indicato al paragrafo 2.4 dell’allegato 3 della disciplina di Piano, la definizione dello stato di attività delle frane dei dissesti di natura geomorfologica è il criterio di riferimento per stabilire la classe di pericolosità per questa tipologia di fenomeni; pertanto è particolarmente importante esplicitare tutti i criteri che concorrono a discriminare lo stato attivo da quello inattivo (potenzialmente instabile o stabilizzato).

In armonia con la pratica operativa applicata nella redazione e nell’aggiornamento del PAI, si assume come attivi i fenomeni in atto o temporalmente “ricorrenti” che presentano un evoluzione su una scala indicativa massima di 30 anni.  Secondo specifici metodi operativi vengono definiti attivi:

le forme che hanno mostrato chiare evidenze di attività negli ultimi 30 anni;

i fenomeni effettivamente registrati entro 30 anni, anche se nell’attuale si presentano completamente inattivi o obliterati  (tipicamente nel caso di lavorazioni agricole o trasformazioni urbanistiche ) con l’eccezione delle forme completamente smantellate da processi antropici (ad esempio cave attive, discariche, aree intensamente urbanizzate) o che hanno raggiunto condizioni di sicurezza effettive in seguito a lavori di consolidamento;

le forme che mostrano fasi attive ricorrenti o prolungate nelle fonti documentali disponibili (che per tutto il bacino partono dal volo GAI del 1954) e che negli ultimi 10-15 anni forniscono indicazione di attività secondo i criteri indicati sopra;

le forme per cui è calcolato, nelle condizioni più gravose, un deficit di resistenza ovvero una prevalenza delle forze agenti sulle forze resistenti.

I fenomeni attivi determinano la classe di pericolosità molto elevata (P4) del PAI.

——————————————————————————————————————–

Sono rilevate come  inattive potenzialmente instabili le forme che negli ultimi 30 anni forniscono univoche indicazioni di inattività e che tuttavia hanno possibilità di riattivarsi nell’attuale condizione morfologica e climatica. Dovrà pertanto essere valutato caso per caso, in base alle evidenze degli ultimi 30 anni e allo stato geomorfologico attuale, lo stato di attività di frane per cui sono documentata nel tempo fasi attive e ricorrenti. Sono riconducibili a questo stato di attività le forme per cui è calcolato, nelle condizioni più gravose, un surplus di resistenza inferiore al 30% rispetto alle azioni.

I fenomeni inattivi potenzialmente instabili determinano la classe di pericolosità elevata (P3) del PAI. Questa classe viene utilizzata anche per tutte quei fenomeni interessati da lavori di stabilizzazione per cui la durabilità è inferiore ai 50 anni.

——————————————————————————————————————–

Le frane inattive stabilizzate sono da intendersi come categoria residuale che non possono riattivarsi nelle attuali condizioni morfologiche e climatiche, tuttavia è bene ricordare ed evidenziare che le variazioni morfologiche di natura antropica possono determinare le condizioni proprie delle frane inattive stabilizzate (se sono modifiche a favore della stabilità) piuttosto che di quelle inattive potenzialmente instabili (se sono modifiche sfavorevoli alla stabilità).

I fenomeni inattivi stabilizzati determinano la classe di pericolosità media (P2) del PAI per la sola banca dati geomorfologica. Questa classe è utilizzata solo in particolari casi volti a definire aree per cui è utile mantenere memoria per la loro natura geomorfologica o perchè interessati da lavori di effettiva messa in sicurezza con durabilità superiore a 50 anni.

——————————————————————————————————————–

Il limite di 30 anni è un limite operativo che fa riferimento a serie di dati particolarmente abbondati e continui che permettono una certa confidenza nella valutazione delle evidenze di superficie, ovvero le foto aeree regionali del 1988 e dei successivi voli dal 1996 al 2016,  la serie dei dati InSAR dei satelliti ERS 1992-2000, Envisat 2003-2010, Radarsat 2003-2008 e Sentinel 2014-2019 (nello specifico >>>), i rilievi LIDAR e, infine, per gli ultimi 15-20 anni, i rilievi di campagna effettuati dall’Autorità di bacino.

Il limite dei trentennale presenta alcune caratteristiche specifiche che permettono di ipotizzare qualitativamente una parallelo in coerenza alla corrispondente classe la massima della pericolosità idraulica: Il limite coincide nei fatti con gli eventi meteo del 1991-1993 che hanno determinato, oltre ai noti eventi alluvionali, estesi e importanti fenomeni franosi in tutto il territorio del Distretto e che sono generalmente associati ad eventi meteo con tempi di ritorno trentennali.

Definizione e delineazione delle forme e dei fenomeni delle aree in dissesto

Le forme e i fenomeni delle aree in dissesto che concorrono alla banca dati geomorfologica devono essere codificate secondo i criteri indicati alla tabella C nell’allegato 3 delle disciplina di Piano in coerenza con le specifiche del progetto IFFI.  Nella definzione degli aspetti geomorfologici per il PAI “dissesti geomorfologici” sono state considerate le specifiche tecniche regionali e nazionali a cui si rimanda.

Per la delineazione delle forme è necessario far riferimento ai criteri richiamati al paragrafo 2.1 dell’allegato 3 della Disciplina di Piano

Delineazione delle forme

I fenomeni e le forme che determinano le aree a pericolosità del PAI sono mutuati, per tutto ciò ch eriguarda i fenomeni franosi, dallo standard IFFI nell’ambito del Distretto Appennino settentrionale.

Altri fenomeni e forme concorrono a definire le aree a pericolosità del PAI, in particolare fenomeni di sprofondamento tipo Sinkhole, comprese le forme carsiche, fenomeni di subsidenza con marcati effetti sulla morfologia di superficie, fenomeni di erosione e frana connessi alla geomorfologia fluviale, fenomeni di erosione severa con effetti assimilabili a franosità diffusa.

La delineazione delle forme, e dei fenomeni ad esse associate, avviene esclusivamente tramite poligoni. Si deve pertanto definire un area interessata dal processo geomorfologico prevalente.

Nel caso di una frana si definisce propriamente un “area interessata dal fenomeno franoso“. Elementi geoemorfologici puntuali e lineari concorrono a definire e delineare tale area ma non sono rappresentati nella banca dati geografica dell’IFFI.

Frana come corona e corpo – Frana come area interessata dal fenomeno franoso

Nel caso di scarpate morfologiche interessate da processi di degradazione attivi o potenziali (erosione intensa, crolli e colamenti localizzati etc.) è necessario definire l’area compresa tra il limite geomorfologico di monte e il limite geomorfologico di valle. Il limite di valle è spesso di dubbia delineazione, nel caso di processi attivi è necessario individuare o ipotizzare il limite a terra degli evidenze dei processi che interessano la scarpata stessa; ad esempio nel caso di crolli il limite inferiore del rotolamento dei detriti, limite che può essere anche molto distante da quello morfometrico.

Contatti